Made in Italy vs improduttività: una soluzione insufficiente

Il Made in Italy e la produzione della dimensione micro e piccola che caratterizza la maggioranza delle nostre imprese, non permettono il superamento del prodotto: l’innovazione, la ricerca, lo sviluppo

#OltreilMadeinItaly con Mama Industry

Com’è noto, tra le prime azioni del nuovo Governo, vi è il cambio nominativo del Ministero dello Sviluppo Economico che è diventato ora Ministero delle Imprese e del Made in Italy. La nuova denominazione chiarisce bene lo scopo che ne è alla base, quello cioè di apprezzare maggiormente la produzione italiana, attraverso l’introduzione di sostegni economici aggiuntivi per contrastare i rincari e di misure volte alla risalita delle PMI.

Quello che dobbiamo ora chiederci è se effettivamente la strada del Made in Italy sia quella vincente. Possiamo riconoscere la notorietà del marchio Made in Italy e la sua alta reputazione: secondo i risultati della ricerca di Made-In-Country-Index (MICI) del 2017, Made in Italy è al 7º posto in termini di reputazione secondo i consumatori di tutto il mondo; inoltre, la KPMG posiziona terzo il marchio Made in Italy per notorietà, dopo Coca Cola e Visa.

Sì, ma concentrare i punti di forza di un sistema-impresa esclusivamente sul prodotto è una tattica insufficiente, o meglio non è sufficiente alla salvaguardia e alla valorizzazione della produttività degli italiani.

In poche parole: noi italiani dal grande genio artistico e dalle mani d’oro che riusciamo di inventarci le cose più eccezionali, siamo in grado di creare un sistema d’impresa efficiente? 

  1. Piccole e Medie Imprese
  2. Politiche economiche PMI
  3. Cosa succede durante la Pandemia
  4. Oltre il prodotto
  5. Mama Industry – una nuova soluzione

Piccole e Medie Imprese

Come vengono classificate le imprese?

Osserviamo gli standard Eurostat riguardo la definizione di un’impresa per classe di addetti:

  • Microimpresa, meno di 10 addetti
  • Piccola impresa, da 10 a 49 addetti
  • Media impresa, da 50 a 249 addetti
  • Grande impresa, 250 e più addetti

Di quale tipologia di Impresa si costituisce maggiormente il sistema economico italiano?

Le microimprese sono la maggioranza – secondo i dati ripresi dall’INPS rappresentano il 78,9% del totale – e definiscono un sistema produttivo in cui il ruolo centrale viene ricoperto dalla figura dell’imprenditore, dell’inventore. 

«Le microimprese, pertanto, costituiscono l’ossatura dell’Italia, che però ha la scoliosi», ironizza Marco Travaglini, il fondatore di Mama Industry.

In che senso?

Possiamo affermare, grazie allo studio dell’OCSE, che in generale la produttività italiana è superiore a quella tedesca per quanto riguarda le classi medie di impresa. Si caratterizza invece molto inferiore la produttività degli italiani nelle microimprese: considerando che esse sono la maggioranza, il dato dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico mostra la drammaticità della situazione italiana.

Politiche economiche PMI

Il consulente d’azienda, oltre che come già specificato fondatore di Mama Industry, Marco Travaglini spiega come «Il Piano Industria 4.0, e sue evoluzioni, promosso dal MISE, non è tarato su questo tipo di aziende». Questo perché nonostante il Piano preveda sgravi fiscali e distribuzione di fondi, non serve a nulla investire soldi senza comprendere l’impatto reale che possono ottenere.

Continua poi Travaglini: «Anche quanto fatto in passato con i Navigator è stato un flop, poiché si operava in un sistema senza offerta di lavoro per quel target di imprese. Anche i 5 Centri Nazionali per la ricerca in filiera, su modello tedesco, previsti dal PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e finanziati con 1,6 miliardi di euro, saranno riservati a poche imprese, quelle appartenenti al cosiddetto “mercato on”».

Le piccole imprese fuori dal mercato on, ad esempio quelle siciliane, non ne beneficeranno, non apportando dunque alcuna innovazione. Allo stesso tempo, le filiere che hanno ridotto i margini,  costringono al lavoro in subappalto, sotto guadagno: con l’unica conseguenza per cui il sistema intero entra in crisi.

Conclude Travaglini: «E l’INPS mostra che la presenza di microimprese è particolarmente elevata nelle attività economiche più colpite dalla crisi: nei servizi di alloggio e di ristorazione e nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento».

Cosa succede durante la Pandemia

Sappiamo che il ricorso alla CIG-COVID delle imprese italiane è stato massiccio e necessario durante le varie fasi dell’emergenza pandemica che ha acuito la crisi economica del nostro paese e non solo.

I dati INPS registrano però un’importante differenza riguardo l’accesso ai sussidi, tra le micro e piccole imprese e le macro e grandi imprese.

L’accesso ai sussidi nella prima fase pandemica è stato più consistente per tutte le classi dimensionali delle imprese seppur con delle variazioni:

  • Piccole imprese 72,5%
  • Medie imprese 69,0%
  • Microimprese 60,7%

Nel periodo più recente, nonostante la quota delle imprese percipienti il sussidio inizi a calare, sembra mantenere ancora un peso importante:

  • Piccole imprese 50,0%
  • Microimprese 39,5%

Mentre le medie e grandi imprese utilizzano ancora in modo marcato il sussidio della CIG-COVID.

Oltre il prodotto

Il Made in Italy e la produzione della dimensione micro e piccola che caratterizza la maggioranza delle nostre imprese, non permettono il superamento del prodotto: l’innovazione, la ricerca, lo sviluppo.

Riportiamo ancora a questo proposito le parole di Marco Travaglini: «Anni e anni di esperienza sul campo, accanto agli imprenditori, ci portano a sostenere che più che rilanciare il Made in Italy, e quindi focalizzarsi sul prodotto, bisognerebbe pensare ad una nuova organizzazione, una nuova comunicazione, a nuovi processi con l’inserimento anche della tecnologia, e alla finanza, cavalcando l’onda dei fondi del PNRR. Non un’azione singola, ma più azioni combinate tra loro che aiutino l’imprenditore in un unico progetto trasversale capace di unire tutti i punti».

Mama Industry – una nuova soluzione

Alla luce di questa realtà, per rispondere alle esigenze delle micro e piccole imprese italiane che restano fuori dai grandi mutamenti rivolti all’innovazione, per dare loro quegli strumenti che le grandi aziende già possiedono, nasce Mama Industry.

Come riesce in tutto questo?

Grazie alla collaborazione con il Gran Sasso Science Institute de L’Aquila, e l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, Mama Industry è riuscita a generare una formula che dà l’opportunità di offrire alle micro e piccole imprese i servizi a valore aggiunto.

Il primo passo è stato, racconta Travaglini, quello di creare una community con consulenti altamente specializzati «rivolti esclusivamente ad una classe di imprenditori finora dimenticata e rimasta lontana dalle tematiche dell’innovazione, bisognosa di un approccio più paziente e sistemico. Quindi un progetto con finalità anche sociali: diffondere la conoscenza e affiancare a 360° gli imprenditori che hanno molto merito ma non hanno metodo per fare innovazione».

L’obiettivo si concretizza con il mettere a disposizione dei piccoli imprenditori un Team specializzato in Innovazione e Rilancio:

  • Attraverso la consulenza e i diversi servizi volti all’elaborazione dei progetti di innovazione, ricerca e sviluppo
  • Offrendo consulenza e soluzioni per la strategia di comunicazione e trasformazione digitale;
  • Garantendo agevolazioni finanziarie per i progetti sviluppati
  • Valorizzando la ricerca e la selezione di personale adeguato

Mama Industry, dunque, con le sue iniziative imprenditoriali, vuole mantenere la posizione centrale dell’imprenditore all’interno della sua impresa, agevolando lo sviluppo di quelle abilità nello scegliere di correre potenziali rischi per andare però incontro all’innovazione e al cambiamento, necessari in questo momento storico.