L’era condivisa della Sharing Economy

Avere di più ma senza essere proprietari.
Inizia la Terza Rivoluzione Industriale ed avrà conseguenze enormi.

Volendo definire cos’è la Sharing Economy potremmo tradurla, letteralmente, con “economia della condivisione”. Espressione che vuole privilegiare un nuovo modello economico che parte da reali bisogni mettendo in discussione i rapporti consolidati tra società ed economia.

L’adulto di oggi è cresciuto in un’epoca caratterizzata dal possesso di una casa, di una moto o di un’auto. La fetta di popolazione conosciuta come “Millennials“, è inconsapevolmente nata tra i meandri della Sharing Economy, tra la naturale condivisione di un film su Netflix, di una macchina con BlablaCar o del proprio appartamento con Airbnb.
La straordinaria novità è l’avere più cose a disposizione, possedendone la metà.

Quando è nata la Sharing Economy?

La crisi economica globale del 2008 ha ridimensionato le possibilità di spesa delle famiglie italiane e non, cosicché in questo scenario si è sviluppato il fenomeno della Sharing Economy. Si trattava di un modello alternativo al consumismo che riduceva l’impatto ambientale. Questo nuovo modello promuove il riuso piuttosto che l’acquisto, la possibilità di utilizzo piuttosto che la proprietà, seguendo un unico e comune filo conduttore: la sostenibilità.

Tutto questo è reso possibile dall’accesso immediato ad Internet e alla comparsa delle app. Tre sono i pilastri su cui si fonda la Sharing Economy:

  • Condivisione
  • Riuso
  • Riutilizzo

Negli ultimi anni sono nate diverse realtà imprenditoriali che utilizzano le tecnologie digitali promuovendo un modello di economia circolare, dove i consumatori mettono a disposizione il loro tempo, le loro competenze e beni in modo da creare dei legami e relazioni collaborative.

La Sharing economy, in Europa, vale 28 miliardi di euro l’anno.

La crescita di questi nuovi modelli di business è esponenziale, più condivisione, più sostenibilità. Un’economia basata su un modello di sharing porterà, nel lungo periodo, ad una riduzione dei consumi, degli sprechi, dell’inquinamento e del surriscaldamento globale.

Non più semplici piattaforme ma ecosistemi, non più digitale ma integrazione tra territorio e tecnologia, non più soli cittadini ma un’unica unione con organizzazioni, associazioni e aziende in un’ottica sempre più smart.

Quali sono gli esempi dell’economia della condivisione?

Per citarne qualcuno:

  • Wikipedia, l’enciclopedia online, libera e collaborativa. Piattaforma in cui i membri di una comunità partecipano, gratuitamente, alla costruzione di un bene comune;
  • AirBnB, portale online che mette in contatto persone in cerca di una camera per brevi periodi, con persone che dispongono di spazi extra da affittare;
  • BlaBlacar, piattaforma web di car pooling;
  • Uber, lo scambio su richiesta di trasporto automobilistico privato, attraverso un’applicazione che mette in contatto diretto i passeggeri e gli autisti.

La crescita esponenziale della Sharing Economy rappresenta, indubbiamente, una grande opportunità per tutta l’economia. Al di là dei singoli servizi, saranno interi ecosistemi a generarsi. L’unico dubbio che resta è vedere se si riuscirà a valorizzare il potenziale soprattutto sociale e relazionale di questi modelli e di anticipare chi, come sempre, vede un pericolo nel cambiamento e cercherà di alimentare paure e contraddizioni.

Viviamo in una società che fa rumore, che vuole cambiare intonando cori che hanno come protagonista la “condivisione”.