Genitori “trendsetter”: tra moda e sostenibilità

Recuperare i vecchi capi d’abbigliamento dei nostri genitori è un banale gesto dai tanti vantaggi. La circolarità intrinseca nel sistema della moda, fa sì che vecchie tendenze tornino ad essere in voga. Questo significa che i capi dei tuoi genitori sono di tendenza o lo saranno e che riutilizzandoli darai un piccolo contributo nella salvaguardia del pianeta, evitando di creare nuovi rifiuti.

Il recupero dei capi d’abbigliamento dei genitori per essere sempre alla moda e attenti alla salute del pianeta.

Corsi e ricorsi storici

A chi non è capitato di rispolverare un vecchio album dei ricordi dei propri genitori? Chi sfogliandolo non è scoppiato in una sonora risata, alla vista di fotografie che li ritraevano con buffi look, sfoggiati con fierezza e convinzione? Tutti almeno una volta ce ne siamo presi gioco, nonostante i loro vani tentativi di giustificarsi e autocelebrarsi come i più in voga del tempo.

Ma se qualcuno ci dicesse che quei capi d’abbigliamento e quei look stravaganti di cui ci facciamo beffa, saranno i must have delle prossime stagioni?

Per qualcuno potrà sembrare assurdo e anacronistico eppure è proprio così. Pare quindi che i nostri genitori, inconsapevolmente, siano dei veri e propri “trendsetter”.

 Il sistema della moda nel suo complesso, è un fenomeno che può essere sintetizzato prendendo in prestito e adattandovi la teoria di Giambattista Vico dei “corsi e ricorsi storici”. La moda non taglia mai del tutto i ponti con il passato, anzi. Il passato è fonte d’ispirazione e mescolato con una buona dose di innovazione creativa, da origine ciclicamente a tendenze sempre nuove. In definitiva, si può affermare che è un processo di acclimatazione del passato.

Obsolescenza programmata vs sostenibilità

Viviamo in un momento storico profondamente contraddittorio. Alla proliferazione di fenomeni quali l’obsolescenza programmata si affianca, ponendosi su un’ottica diametralmente opposta, la crescente attenzione per il riciclo e la sostenibilità. L’obsolescenza programmata – espressione con la quale si fa riferimento al fenomeno di definizione del ciclo di vita di un prodotto, che destinato a soccombere entro un arco temporale ben definito, da impulso alla domanda dei consumatori – non è un fenomeno di recente scoperta. Oggi però, più che mai, viene adottato in svariati settori merceologi, compreso quello della moda.

La causa, può essere attribuita alla diffusione su scala mondiale delle grandi catene fast fashion. Questi brand, adottano una strategia basata sulla rapidità di produzione dei capi d’abbigliamento, che genera continuamente nuovi stimoli per i consumatori. Questi stimoli si traducono in comportamenti d’acquisto compulsivo.

Il successo delle catene low cost è dovuto proprio all’incessante susseguirsi di trend sempre nuovi, che spinge i consumatori – in particolar modo quelli che rientrano nella categoria delle “fashion victims”- ad acquistare per rimanere sempre al passo con la moda. Questo comportamento è poi incentivato dalla possibilità di aggiudicarsi l’ultima delle tendenze con un investimento economico minimo. I prezzi irrisori dei capi, conseguentemente all’abbattimento dei costi di produzione, chiaramente ne delimitano anche il ciclo di vita.

Se è vero il detto che recita “tanto mi dai, tanto ti dò” è ovvio che la qualità dei prodotti delle catene low cost, non sarà sicuramente delle migliori; i capi saranno soggetti ad un rapido deterioramento e anche quando si presenterà la possibilità di ripararli, la scelta più logica risulta essere cestinarli. Riparare costa più di quanto possa costare comprare un nuovo capo.

Tutto ciò ha innescato un circolo vizioso, che si alimenta attraverso la costante esigenza dell’individuo di affermare sé stesso e definire la propria personalità anche attraverso il modo di vestirsi.

“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”

Senza addentrarsi troppo nella questione e analizzando esclusivamente l’aspetto ambientale, appare evidente che tutto ciò grava sulla sua salute e salvaguardia. L’industria del fashion nello stato d’allarme in cui si trova attualmente il pianeta può essere chiamata al banco d’accusa.

Tuttavia va tenuta in considerazione anche l’altra faccia della medaglia: di recente il mondo della moda, si sta impegnando per ridurre l’impatto ambientale attraverso l’adozione di nuove sostanze e metodi di produzione e prediligendo materiali sostenibili per la realizzazione dei propri capi.

Assolve così, quello che è diventato quasi un dovere morale, attraverso la scelta di fibre tessili di recente creazione, come quelle ricavate da scarti di origine alimentare e di quelle già note, come i filati animali, che garantiscono un’elevata qualità del prodotto, che sarà destinato quindi a durare nel tempo.

La parola d’ordine è sostenibilità. Questo significa che il vecchio non si butta più, si evolve, rinasce come fa la fenice dalle sue ceneri, ma sotto un’altra veste e assoggettandosi in alcuni casi ad un nuovo uso. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

“Rubare” è sostenibile: sì, ma solo dall’armadio della mamma!

Non si può demandare totalmente ed esclusivamente all’industria fashion, l’adempimento della salvaguardia ambientale. Anche i consumatori possono dare il proprio contributo, attraverso azioni dai risvolti positivi sia in ambito collettivo che individuale.

Riesumare e indossare i vecchi capi d’abbigliamento appartenenti ai nostri genitori, è una di quelle.

È sempre più frequente ormai tra le giovani donne fare razzia nel guardaroba delle proprie madri. Aprire le ante di quell’armadio, significa entrare in un mondo incantato, come accade ai protagonisti del celebre film “Le cronache di Narnia”. È una sorta di macchina del tempo, che ci consente di rivivere attraverso accessori e capi d’abbigliamento, gli anni della giovinezza dei nostri genitori e di scoprire quelle che erano le tendenze del passato e quelle che saranno le tendenze del futuro.

Una volta “entrati” bisogna rivestire i panni di un archeologo e andare alla ricerca dei “reperti” più preziosi e di quelli in cui si scorge del potenziale, vale a dire quei capi che si prestano ad essere rivisitati in chiave moderna. Quest’attività d’esplorazione può essere mossa da ragioni di diversa natura: da chi è ancora in fase di definizione del proprio stile, da chi invece ama giocare a stravolgerlo continuamente ma anche da chi è sempre alla ricerca del capo o del dettaglio che possa fare la differenza e rendere unico e inimitabile il proprio look.

Qualsiasi sia la ragione, nella maggior parte dei casi, in quell’armadio troverai quello che fa al caso tuo e che può soddisfare le tue esigenze e i tuoi desideri.

A testimoniare la veridicità di questo fenomeno sono alcuni dei trend che hanno fatto la loro comparsa sulle passerelle delle collezioni autunno inverno 2019-2020. Così si può assistere al grande ritorno degli accessori per capelli come il cerchietto bombato in raso, delle giacche oversize con maniche a sbuffo o spalline imbottite e di tessuti romantici come organza e tulle. Tutte cose che, se le nostre madri erano delle vere “fashion addicted” possedevano, ed hanno sicuramente custodito nel proprio guardaroba.

Rubare o meglio “prendere in prestito” dall’armadio della mamma è anche sostenibile. Riutilizzando quei capi non contribuirai al proliferare di nuovi rifiuti, il cui smaltimento si sa, impatta negativamente a livello ambientale. Ma questo è solo uno dei tanti vantaggi derivanti da questo gesto apparentemente banale.

3 buoni motivi per i quali dovresti recuperare i vecchi capi d’abbigliamento

Sorge però spontaneo chiedersi, perchè mai dovremmo recuperare i vecchi capi d’abbigliamento dei nostri genitori? Ecco la risposta, condensata in un elenco di tre buoni motivi per i quali tutti dovremmo farlo:

  1. save the earth”: Dai un piccolo ma fondamentale contributo alla salvaguardia del pianeta;
  2. risparmio economico: i soldi che avresti speso per l’acquisto di capi che già possiedi grazie alla tua mamma puoi risparmiarli o investirli in altro;
  3. look unico e inimitabile: ciò significa che non sarai mai la protagonista della “tragedia” che ha luogo quando ad una festa ti imbatti in una ragazza che indossa il tuo stesso vestito.

Il consiglio quindi è quello di non buttare via nulla. Ovvio questo non vuole essere un’incitazione a divenire degli accumulatori seriali o uno dei protagonisti di un episodio di “sepolti in casa” su real time. Il suggerimento è quello di conservare gli apparentemente antiquati capi d’abbigliamento dei nostri genitori, per riutilizzarli o sposando uno stile dal sapore vintage o rivisitandoli in chiave moderna, riadattando il loro uso. Tanto di una cosa possiamo stare certi: anche se ora non li vediamo di buon occhio, in futuro, il sistema della moda, che plasma inevitabilmente i nostri gusti, trasformerà quello stesso sguardo da diffedente a “occhi a cuoricino”.